domenica, luglio 23, 2006

La follia di Almayer


“Nina si alzò in piedi e lo guardò. La violenza stessa di quel grido la rassicurava nella convinzione intuitiva dell'amore del padre, e la ragazza si strinse al cuore i poveri resti di quel sentimento con l'avidità priva di scrupoli delle donne che si attaccano disperatamente ai brandelli dell'amore, di qualsiasi tipo d'amore, come a una cosa che di diritto appartiene loro ed è l'anima stessa della loro vita. Posò le mani sulle spalle di Almayer e, guardandolo fra il tenero e lo scherzoso, gli disse:
«Dici così perché mi vuoi bene».
Almayer scosse la testa.
«Sì, mi vuoi bene», insistette piano Nina; poi, dopo una breve pausa, aggiunse, «e non mi dimenticherai mai».
Almayer rabbrividì leggermente. Lei non avrebbe potuto dirgli una cosa più crudele.
«Ecco, c'è la barca che sta arrivando», disse Dain, il braccio teso verso una macchiolina nera sull'acqua fra la costa e l'isolotto. (...) Almayer non si mosse. Intorno all'isolotto l'aria era piena del chiacchiericcio dell'acqua gorgogliante. Le ondine increspate correvano sulla spiaggia audaci e allegre, con la leggerezza della gioventù, e morivano subito, docili e gentili, nelle ampie curve di schiuma trasparente sulla sabbia gialla. Sopra, le nuvole bianche correvano rapide verso sud, quasi volessero raggiungere qualcosa. Alì sembrava in ansia.
«Padrone», disse timidamente, «è ora di tornare a casa. Sarà lunga con la canoa. È tutto pronto, signore».
«Aspetta», bisbigliò Almayer.
Ora che era andata via, il suo compito era di dimenticare, e aveva la strana sensazione che questo si dovesse fare sistematicamente e con ordine. Con gran disappunto di Alì, si inginocchiò, e, strisciando sulla sabbia, cancellò accuratamente ogni traccia dei passi di Nina. Raccolse piccoli mucchi di sabbia, lasciandosi dietro una fila di tombe in
miniatura che scendevano fino all'acqua. Dopo aver sepolto l'ultima lieve impronta dei piedi di Nina si alzò, e girandosi verso il promontorio dove per l'ultima volta aveva visto il praho, fece uno sforzo per gridare di nuovo forte la sua ferma risoluzione di non perdonare mai.”
“La follia di Almayer” è il titolo di un libro di Joseph Conrad, un libro che ho letto tanto tempo fa. Mi è tornato in mente questa mattina, mentre guardavo mia figlia che si allontanava, seduta sul sedile posteriore di un'automobile. Si è voltata per guardarmi, la mia bambina, e non ha tolto lo sguardo fin quando la macchina non è uscita dal cancello. Conosco quello sguardo: significa “ma a te dispiace, papà?”, perché la mia Camilla si preoccupa sempre se quello che fa possa o non possa dispiacere.
Camilla è partita oggi. Il vuoto che ha lasciato è difficilmente rappresentabile. Il suo sorriso e il suo profumo avevano riempito ogni fessura di questa casa, saturato l'aria che respiro, il mare; Camilla era ogni cosa su cui posavo il mio sguardo, ogni mio pensiero. Camilla qui era il tempo e la pienezza della vita.
Nassau ha reagito alla sua partenza con un violento temporale, il più forte da quando sono qui.
Manco a questo blog più o meno dalla data del suo arrivo. Il tempo è volato, in sua compagnia. Purtroppo, il lavoro mi ha impedito di dedicarle tutte le attenzioni che avrei voluto e mia moglie (o meglio quello che resta di lei, perché la persona che è venuta qui non era la donna che ho sposato sette anni fa) ha complicato una situazione già di per sé abbastanza difficile; ma di lei parlerò un'altra volta.
Ora, come Almayer, andrò in spiaggia a ricoprire di sabbia le impronte della mia Camilla.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ciao Rollo,
dopo aver letto la tua ultima l'unica cosa che mi viene da dire è FORZA RAUL !!
Ciao Alfredo

11:21 AM  
Anonymous Anonimo said...

Ti abbraccio forte...solo questo posso dirti!!!
Fabrizio

2:26 AM  

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