mercoledì, giugno 28, 2006

A day

Ho pubblicato un nuovo video su TeleRaul Nassau. Il titolo è "A day", e si tratta appunto della cronaca di una giornata tipica, dall'inizio alla fine. Vedrete alcune commesse del mio negozio, alcuni Security Officers, incontrerete Luca e laura. Lasciate il vostro commento e comunque fatevi sentire, bastardi! Potete vedere il video cliccando direttamente qui

sabato, giugno 24, 2006

RadioRaul 24 giugno 2006


Un nuovo episodio di RadioRaul tutto da ascoltare. Sentirete parlare di Skype, di Luca, Filippo, Piero, e della vita qui a Nassau che scorre serena con un sole magnifico che è tornato a risplendere sulla mia testa.
Vai alla pagina principale di RadioRaul da qui e clicca sul bottone "24 giugno".
Ciao

lunedì, giugno 19, 2006

TeleRaul prova generale...

Teleraul

Pubblico il primo appuntamento con TeleRaul Nassau. Si tratta di un breve video, privo di audio. Credo che sia una prova generale. Il titolo è "Da Londra a Nassau", rappresenta quindi il viaggio di andata e alcune immagini di quest'isola. C'è anche una bella panoramica del complesso dove vivo.
Fatemi sapere se vi è piaciuto, almeno ne preparerò altri. Ciao.CLICCA QUI PER VEDERE è necessario Windows Media Player. Quando si apre Windows Media Player, cliccate su PLAY. Le dimensioni del file sono adatte solo ad una connessione a banda larga.

domenica, giugno 18, 2006

Father's day




Qui oggi è la Festa del Papà, Father's Day. Quindi buona Festa del Papà a tutti i papà, vicini e lontani. Ai papà che qui hanno ricevuto un dono realizzato dai propri figli, o magari un sorriso, quelli che hanno ricevuto anche solo una telefonata. Buona festa del Papà a chi è già padre, a chi vorrebbe esserlo e a chi lo sta per diventare: Z....a, amico mio romano, a te e alla tua bella e dolce compagna un abbraccio grande come l'Oceano Mare; sapere che una vostra creatura sarà in mezzo a noi mi rende felice.

sabato, giugno 17, 2006

What's going on...



E' passato qualche giorno, dall'ultima volta che ho aggiornato il blog, e in quell'occasione ho manifestato un'emozione che non avrei voluto manifestare. Non volevo tristezza, mai. Malinconia sottile, quella sì. Perché fa parte di me, è la voce che sento dentro di me, che mi parla, mi racconta le cose che vedono i miei occhi; una malinconia sottile profondamente felice, credetemi. Felice ogni giorno di vedere il cielo, il sole. Felice perché si ha bisogno di poche cose per essere felici, ovunque e comunque. Felice perché la vita con me è stata buona, e io buono con la vita: l'ho sempre rispettata, vissuta, respirata. Non c'è niente di più noioso della morte che ci restituisce ad un ordine che non conosciamo, che non vediamo. La vita, invece, riempie tutto. Tutto è così pieno di vita. Non sappiamo molto della vita, tranne che vogliamo più o meno tutti viverla, fin quando ce n'è. Io la mia non la cambierei mai. Con tutti i miei casini, le mie contraddizioni, le mie paranoie. E' la mia voce, ripeto. Che mi racconta le cose, così come le vede. E si stupisce di fronte ad un tramonto, ancora adesso, come se non ne avesse mai visto uno. Non ha bisogno di grandi spazi la mia voce. Vuole solo cose da raccontare, così come esse accadono, fuori e dentro di me.
Ho avuto qualche piccolo problema, qui. Non riguardanti me direttamente, ma qualcuno del mio personale. Poiché non sono autorizzato a darne notizia, avendo firmato un contratto che mi vincola alla massima segretezza ed essendo un blog un luogo pubblico, letto da almeno venticinque persone qui a Nassau, non ne parlerò. Ma è una cosa molto brutta, per cui non ho dormito una notte intera. Ma non c'era davvero nulla che io potessi fare. Quanto accaduto, mi ha allarmato molto, comunque. Ripeto, qui la vita ha un valore diverso che da noi. La giustizia segue logiche diverse dalle nostre, forse non c'è un concetto di giustizia vero e proprio, punto, bensì un suo surrogato sartoriale, che calza di volta in volta a seconda di chi la deve indossare.
Ho iniziato a gestire il mio negozio. Più piccolo dell'altro, fatturato più basso, ma più controllabile. Ho dato subito una impronta molto personale. Musica: quella che piace a me, compresa La Compagnia dell'Anello!!!, Brigante se more, Pino Daniele ecc. "Dress code": dovreste vedere.... Vestono non dico bene, ma decentemente. Fanno di tutto per migliorare il loro aspetto: pettinature, igiene personale, abiti... Stanno facendo dei progressi incredibili. Gli ho imposto il mio concetto di trattativa: usare sempre un vassoio, per isolare visivamente il gioiello dagli altri, accarezzare tre volte con un panno apposito il gioiello prima di mostrarlo al cliente, accarezzarlo altre tre volte prima di riporlo. Guardare il cliente negli occhi. E loro... Fanno quello che io gli chiedo. Docilmente, perché sono riuscito a sedurli. Perché sono un professionista. "Guardate il cliente negli occhi, dite il prezzo, non togliete lo sguardo, aggiungete sempre una frase al prezzo usando la congiunzione and, non lasciate mai da solo il prezzo ecc. ecc.": E loro lo fanno. Quasi sempre. Poi se non li controlli, si sbragano un po', e allora devi mostrarti serio, altrimenti non ti credono più. Devi saperli punire. Davvero. Diversi da noi. Fanno cazzate che noi non conosciamo. Li ho fatti sognare. Manterrò, spero, la mia promessa.
Oggi sono addirittura riuscito a vedere un tempo di Italia USA(Italia Ghana l'ho seguita attraverso skypecasts, grande! commento Gialappa's)!! L'ho visto al Cafè Matisse, un ristorante italiano gestito da un bahamense ed un'italiana. Ci lavorano Luca e Laura, di cui già vi ho parlato. Li vedo abbastanza spesso, sono davvero carini come pensavo. Seguono il loro sogno, il loro sogno li segue, in giro per il mondo. So che leggono il mio blog. Gli auguro solo cose belle e rare, che so piacergli, perché sono coraggiosi e le meritano. Tutti gli espatriati qui, sono un po' scazzati, un po' tagliati fuori, nel senso che si fanno gli affari loro. Ma loro sono speciali. Qualche sera fa siamo andati insieme al Cozy Corner, a Sandyport, un posto per ricconi europei qui a Cable Beach. Beh... Il proprietario del Cozy è di Forlì! Troppo particolare sentire la cadenza romagnola qui a Nassau. Un bar con il biliardo, il calcio balilla... Sembrava di essere a Cesenatico. La birra costa tre o quattro dollari, poi ci sono sempre Valeria, brasiliana compagna di Giuliano, ticinese, Esmeralda, compagna di un altro ticinese, tutti bancari. Simpatici.
Quando posso vado in spiaggia. Anche alle 7 di sera, ma ci vado. Guardo il tramonto... Balsamo e poesia per la mia voce.
Ciao ragazzi. A presto.

lunedì, giugno 12, 2006

Skypefather... o Skypepapà, fate voi.



Mia moglie mi ha appena inviato alcune immagini. Ritraggono mia figlia il giorno della sua festa di compleanno. Non potete capire che gioia vederle, ma allo stesso tempo, quanta malinconia. Non mi vergogno a dirlo, ho pianto come un bambino. Del resto questo blog è un grande cuore completamente nudo, il mio cuore. Il cuore di un padre che parte per dare un futuro migliore a sua figlia. Scrivo di getto, non voglio neppure rileggere queste righe. Nessuna mediazione. Parole sincere. So quanto la mia scelta sia stata "socialmente" discussa (per usare le parole del mio amico Fefè che saluto e ringrazio), ma non mi importa di quello che si dice, perché la mia coscienza è il posto più pulito del mondo. Non avevo mai conosciuto l'invidia, prima d'ora. Credetemi. Solo piccole invidie, per cose stupide. Mai pensato che qualcuno avesse qualcosa che io potessi o dovessi invidiare. Ma ora sì. Invidio i padri che portano a cavalluccio i propri figli, che li accarezzano, che parlano con loro, che li abbracciano, sentono il loro profumo, guardano dentro i loro occhi. Qui, ogni settimana, attracca la nave da crociera della Disney. Famiglie allegre che sbarcano, piene del loro essere una famiglia, il luogo perfetto. Io sono uno Skypefather. Vedo mia figlia attraverso una webcam, sullo schermo del mio pc. In qualche modo le sono vicino, in qualche modo sa che ci sono. Grazie a Skype, il mondo è più piccolo, mia figlia è un po' più felice, io respiro il tempo meraviglioso che cresce dentro di lei, offrendola al mondo. Io sono un padre fatto di pixel e di pacchetti di dati che però interagisce con sua figlia, a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. Non ho paura, so che sarò sempre il suo papà. Perché il primo uomo di ogni donna è il suo papà. Ma questo l'ho già detto. Camilla, non vedo l'ora che tu sia qui con me. Ti porterò a giocare con i delfini, e non smetterò di accarezzarti e di guardarti.
Ciao piccolina. Il tuo papà.

lunedì, giugno 05, 2006

Dai diamanti non nasce niente... (Dissertazione)

"Ama e ridi se amor risponde, piangi forte se non ti sente, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori..."
Qualcuno, io so chi, ha lasciato questo commento "radical chic" ad un mio post, e queste parole - tratte da una splendida canzone di Fabrizio De André, Via del Campo - mi hanno fatto molto pensare. Non perché non siano belle, certo l'amore così su due piedi è più importante di un diamante, certo il letame favorisce la crescita dei fiori, mentre se sotterri un diamante non favorisci nulla. Dal diamante, fisicamente, non nasce assolutamente niente. Quindi chi ama le gemme, stando a questo commento, tendenzialmente non ama l'amore, non ama la vita. E' un materialista. Ama qualcosa di freddo, immobile, materiale, senz'anima.
Io (pur ringraziando con affetto l'autore del commento) non condivido assolutamente questa opinione. Cercherò di trasmettere la mia concezione metafisica delle gemme. Cercherò di trasmettere a voi, amici miei, la mia idea in base alla quale le proprietà fisiche (colore, indice di rifrazione, peso specifico, proprietà cristallografiche ecc.) delle gemme, non siano altro che la parte sensibile di proprietà e luminosità di ben altri Ordini.
Partiamo da una antica parola in sanscrito, asman: un'unica parola designava pietra preziosa e cielo, come se non ci fosse alcuna differenza fra una "fredda" gemma e il cielo dove per antonomasia risiedono gli dei, dove splendeva e splende il sole di giorno, e di notte si accendevano lontani fuochi di bivacco, le stelle, mentre la luna d'argento brillava e brilla tutt'ora impassibile. Come se le gemme fossero un'emanazione del cielo, forse la cristallizzazione della Parola di Dio (o comunque di una Volontà superiore).
Il diamante. Il solo nominarlo evoca una moltitudine di concetti ed immagini. Il diamante è un minerale, una sostanza cristallina naturale, la forma trasparente del carbonio puro. Il diamante è superbo, il re delle gemme, che lancia bagliori e simboleggia la forza e la purezza. Accompagna i fidanzamenti, la promessa di un amore eterno. È indomabile, la sostanza più dura che si conosca in natura. Si è formato nelle viscere della terra ed è arrivato a noi attraverso l’attività vulcanica. È probabile che sia anche la cosa più antica che abbiate mai posseduto, con buona approssimazione circa 4 miliardi di anni, di certo più di due terzi dell’età del nostro pianeta.
Oggi il diamante simboleggia ricchezza, durevolezza, qualità e rarità. Attraverso le diverse culture millenarie, il diamante è stato associato all’invulnerabilità, al fulmine, alla magia, alla guarigione, alla protezione, all’avvelenamento. La parola diamante deriva dal greco adamas, invincibile. Riuscire a tagliare un diamante (la sostanza più dura ripeto esistente in natura) per gli antichi rappresentò un passo evolutivo determinante. Non mi dilungherò su che cosa le antiche culture associassero al diamante, in termini di proprietà curative, talismaniche. Oggi si tende a tradurre il diamante, come ogni gemma, in termini di valore. Ma chi studia, anzi chi ama le gemme, capisce di essersi inserito in un contesto che va al di là della storia, al di là del tempo, del flusso caotico degli avvenimenti, ben al di là del loro valore commerciale. L’universalità delle gemme, la loro intrinseca superiorità alle cose contingenti, alla storia, alla vita, ne fa un elemento unificatore di tutte le Grandi Tradizioni.
So che cosa molti di voi pensano: comunque io vendo diamanti e altre gemme, quindi io in prima persona traduco commercialmente le pietre preziose tradendo questa mia filosofia. Niente di più sbagliato. Non c'è cosa al mondo che testimoni l'amore come un diamante. Gli occhi di una donna che accetta il dono di un diamante dal proprio uomo parlano d'amore. L'altro giorno, una donna cui avevo appena venduto un diamante da due carati, mi ha detto "lei fa il lavoro più nobile del mondo: rende felici le donne!"; niente di più vero, amiche ed amici miei. Quindi io vivo d'amore. Credetemi, e fatevi regalare una gemma dai vostri mariti.

domenica, giugno 04, 2006

Hide my eye(s) in the hurricane



Novità su RadioRaul. Ascolta l'unica radio che trasmette in lingua italiana direttamente da Nassau, The Bahamas. Sentirai parlare di uragani, di tramonti, di bucato, di volatili, di Luca e Laura, di Camilla e Brunella, di Giovanni Mattei, di tropical thunderstorms e di Raul.

Vai alla pagina di RadioRaul direttamente da qui, clicca sul bottone 3 giugno per ascoltare l'ultimo episodio del mio podcast.

giovedì, giugno 01, 2006

Sono un pirata ed un signore...


È passato un mese. Chissà, forse ho imparato a rispettare il tempo, anche se non ho mai indossato strumenti per misurarlo. Forse è solo un esorcismo, il mio: niente orologi. Gli orologi che indossavo, poi, misteriosamente si rompevano, quasi sempre.
Non lo puoi misurare il tempo, perché non esiste. Esiste solo un'eternità incondizionata, assoluta, in cui noi ci muoviamo come piccoli pesci che non hanno idea di quanto sia grande il mare.
Eppure senti che il tempo ti scivola addosso, e cominci ad aver paura quando capisci che devi prepararti per l'eternità, e non sai davvero da dove incominciare: ci hanno insegnato che c'è un Dio che si preoccuperà della nostra vita ultraterrena, che ci giudicherà, forse avrà cura di noi, delle nostre povere anime, delle nostre solitudini. Avrà catalogato i nostri peccati. Un Dio burocrate, che ci ascolta e ci osserva sempre.
Una ventata di filosofia dalle Bahamas, amici miei. Se qualcuno di voi si sta affannando a distillare tristezza dalle mie parole, non lo faccia. Proprio allegro io non lo sono stato mai, ma adesso non sono triste. Guardo le cose. Ascolto i miei pensieri, i pensieri di chi osservo. Dovrei fare il bucato, stirare, ma ho anche voglia di scrivere: mi piace troppo organizzare le parole. Il mio problema è proprio questo: mi piacciono troppe cose, e – fino a prova contraria – ho solo una vita. Quindi probabilmente andrà a finire che non avrò fatto niente nel miglior modo possibile, ma un po' di tutto, in modo discreto. Tanto meglio. Essere famoso mi mette paura. Sono nessuno.
Vivo a Nassau da un mese e un giorno. Tutte le mattine vado al lavoro. Prendo l'autobus numero 10, da Cable Beach a Downtown Nassau. Qualche giorno fa, vicino al conducente, si era seduto un ragazzo, un “bad boy”, anelloni e catenone d'oro, che raccontava ad alta voce di come due sere prima aveva picchiato un uomo colpevole di avergli detto “stai attento”. “Nobody scares me but Jesus” aveva risposto lui, “ho paura solo di Gesù” (forse il loro Dio è ancora più temibile del nostro), e poi lo avrebbe colpito, non ho capito se con le mani o con cosa. Fatto sta che alcuni turisti che erano nel bus si sono affrettati a chiamare la fermata, e sono scesi visibilmente turbati.
Ho iniziato a conoscerla meglio, Nassau, proprio grazie all'autobus numero 10. Ora lo prendo anche per il ritorno, declinando l'offerta del passaggio di Dorian, il mio collega di Antigua.
C'è una coppia di italiani, due fidanzati carini, che lavorano al Cafè Matisse, si chiamano Laura e Luca. Sono di Milano. Hanno lasciato l'Italia perché mettere qualcosa da parte in Italia è difficile; hanno lasciato la loro casa per costruirsi un futuro. Li incontro spesso. Sembrano felici. Parlano sempre, sottovoce, si guardano attraverso le lenti scure degli occhiali da sole, ti dispiace quasi interromperli.
Autobus numero 10. Difficile incontrare due volte lo stesso conducente. Quasi sempre chi guida è al telefono. Ti saluta quando entri, ti saluta quando esci, tende la mano per prendere il dollaro della corsa. Questa mattina mi sono messo a parlare con uno di loro. Aveva una faccia simpatica, un sorriso cordiale. Gli ho chiesto qualcosa a proposito delle Altre Isole (Exuma, Eleuthera ecc.) e non ha mai smesso di parlare. Si è messo a telefonare per informarsi sui prezzi degli aerei, sulla disponibilità dei voli. Mi ha elargito una dovizia di informazioni che neppure l'Ente del Turismo avrebbe potuto. Una gentilezza disarmante. Molti bahamensi sono proprio così.
Difficile farseli amici, perché non è che si fidino fino in fondo. Del resto non è così difficile comprendere il perché. Loro sono la manovalanza dei bianchi che qui hanno costruito imperi. La presa per il culo finale è stata il grande signore dell'Apartheid, il multimiliardario sudafricano proprietario di Sun City, che è venuto qui a costruire l'Atlantis. Tutto è rigorosamente in mano ai bianchi: banche, hotel, casinò, negozi, crociere. Non che nel resto del mondo le cose vadano in modo diverso, però in un'isola così percepisci meglio quel rancore sotteso.
Sono davvero pigri. L'ho capito, anche questo, grazie all'autobus numero 10. Se l'autobus si ferma ad un mio cenno per farmi salire in questo punto, dopo 10 metri puoi aspettarti tranquillamente un altro braccio alzato, e l'autista si ferma ancora. Non fanno un passo in più nemmeno ad ammazzarli. Non ho mai visto nessuno di loro manifestare sollecitudine. Sono tranquillissimi.
Questo italiano, sempre in giacca e cravatta, li incuriosisce. Probabilmente mi attribuiscono fortune di cui non dispongo, però è incredibile quanto l'abito faccia davvero il monaco da queste parti.
Ho incominciato a frequentare la spiaggia del residence. Basta abusivismo. Prima, se volevo andare in spiaggia dovevo infilarmi di soppiatto sperando che non mi scoprissero. Prima di trasferirmi, ero andato alla spiaggia privata di Sandals (troppo carino), e mi ero accomodato pacioso su un lettino. Dopo mezz'ora è arrivato un responsabile della security che ha incominciato a chiedermi il nome, il numero di stanza ecc. Io ho finto prima di non comprendere, poi alla domanda “dov'è la sua signora” ho risposto candidamente che ero solo alle Bahamas. Proprio un cretino, visto che Sandals è un posto per sole coppie.
La spiaggia del complesso dove vivo è carina. Piccola, ma carina.
La vedrà chi mi verrà a trovare. O la vedrete quando pubblicherò delle foto.
Un abbraccio a tutti voi. Il bucato mi attende.